Campagna per i migranti tunisini dispersi in Italia
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Da una sponda all’altra: vite che contano"
Prova a immaginare: tuo fratello o tuo figlio parte e non dà più notizie di sé dopo la sua partenza. Non è arrivato? Non lo sai, potrebbe essere stato arrestato nello stato di arrivo che non prevede che si possa arrivare semplicemente partendo e che per questo arresta quelli che arrivano mettendoli nei centri di detenzione o in prigione. Aspetti qualche giorno, guardi immagini alla televisione del luogo in cui potrebbe essere arrivato, per sperare di vederlo. Capisci anche che tuo figlio o tuo fratello non è l’unico a non aver telefonato dopo essere partito. Insieme alle altre famiglie chiedi allora alle autorità del tuo paese di informarsi, di capire se sono tutti in qualche carcere, speri che lo siano anche se temi che non vengano trattati bene. Ma le autorità non fanno nulla, non chiedono e non ti ascoltano, per mesi. Tu nel frattempo fai presidi, manifestazioni, parli con i rappresentanti di alcune associazioni, con i giornalisti, porti la foto di tuo figlio o di tuo fratello ovunque, ti affidi a ogni persona che viene dall’altro paese, le dai le foto, la data di nascita, le impronte digitali. Vuoi sapere.
Ma non accade nulla e cominci a immaginare: potrebbe essere in una cella di isolamento, potrebbe essere stato arrestato come passeur, potrebbe essersi rivoltato nel centro di detenzione, potrebbe…. Potrebbe essere in Italia, ma forse a Malta, forse in Libia.
Immagini, tu? Per alcune e alcuni di noi non si tratta di immaginare perché è quello che ci è successo. Sono partiti dalla Tunisia con le barche e in molti non hanno più dato notizia di sé. Sono morti? Sono in carcere? Sono…?
Per saperlo chiediamo ora alle autorità italiane e tunisine di collaborare. Sarebbe molto semplice, perché in Tunisia le carte di identità sono con le impronte digitali e in Italia esistono i rilievi dattiloscopici dei migranti identificati o detenuti. Chiediamo, allora, che i parenti dei dispersi possano fare una domanda al Ministero degli esteri tunisino affinché fornisca le impronte digitali al Ministero degli interni italiano e a questo chiediamo di rispondere.
Immagini, tu? Se riesci a immaginare ti chiediamo di sostenere con una firma questo appello.
La delegazione dei familiari dei migranti tunisini dispersi, in Italia da 15 giorni per lunedì 20 ha fatto la richiesta di entrare nel Cie di Ponte Galeria e martedì 21 sarà davanti all’Ambasciata tunisina alle 9.30 e a un incontro al Viminale alle 12
Continua in Italia e in Tunisia la mobilitazione delle mamme e delle famiglie dei migranti tunisini dispersi.
La loro richiesta alle istituzioni italiane e tunisine rimane invariata: uno scambio delle impronte digitali dei loro figli, per sapere se siano arrivati in Italia.
E’ da circa un anno, ormai, che le famiglie chiedono di conoscere qualcosa sulla sorte dei loto figli, partiti verso l’Europa subito dopo la rivoluzione, e da tre mesi che si rivolgono a entrambi i paesi per chiedere lo scambio delle impronte, unico modo per sapere se siano arrivati in Italia e se siano all’interno di un sistema detentivo previsto dalle politiche di governo delle migrazioni dell’Italia e dell’Unione Europea. Lanciano appelli, scrivono lettere ai ministri, chiedono incontri, organizzano sit-in e portano ovunque le fotografie dei loro figli; ma mentre anche in Italia si sta rompendo in parte il silenzio stampa su questa vicenda, i tempi delle diplomazie continuano a reagire con le loro lentezze e le loro indifferenze.
Come collettivo di donne italiane e tunisine che sostengono l’appello delle famiglie con la campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano” chiediamo a tutti e tutte di far sentire la propria solidarietà e di partecipare alle mobilitazioni, ribadendo con forza che nessuno possa più scomparire così, in mare come nei Cie.
Le venticinque undici
Associazione Pontes dei Tunisini in Italia
Abbandomati nel silenzio generale - almeno qui in Italia - e abbandonatoi anche dal ministero degli Esteri tunisino che, inizialmente, ha sovvenzionato il loro arrivo in Italia, hanno iniziato da venerdì uno sciopero della fame. Si tratta della delegazione di famiglie tunisine arrivate in Italia ormai da più di dieci giorni per cercare i loro figli, che sono partiti a marzo su diverse imbarcazioni alla volta dell'Italia e poi sono spariti, nonostante esistano un certo numero di indizi sul loro approdo in Italia.
La questione sta facedo molto "rumore" in Tunisia, grazie alla capacità di queste famiglie (sono moltissime, i ragazzi "scomparsi" sono circa 250 e le imbracazioni sulle quali si indaga quattro) di manifestare da più di un anno. Noi li avevamo intervistati poco dopo il loro arrivo in Sicilia. VIDEO
Al ministro per la cooperazione internazionale e per l’integrazione, Andrea Riccardi
Gentile Ministro,
Le scriviamo questa lettera in occasione della sua prossima visita a Tunisi e del suo incontro con il governo tunisino. Come lei certamente sa, dal mese di marzo 2011 le mamme e le famiglie dei migranti tunisini dispersi chiedono con insistenza di poter conoscere qualcosa sulla sorte dei loro figli, partiti verso l’Italia e l’Europa subito dopo la rivoluzione tunisina nell’unico modo previsto per loro dalle politiche di controllo e di governo delle migrazione dell’Unione europea.
Dopo essersi rivolte per mesi alle istituzioni del loro paese, quelle mamme e famiglie indirizzano ora un appello anche alle istituzioni italiane affinché ci sia una collaborazione nella ricerca dei loro figli di cui, nel caso siano arrivati in Italia e siano stati messi all’interno di un sistema detentivo previsto da tali politiche, l’Italia deve avere le impronte digitali.
Tutte e tutti noi abbiamo assistito, nel corso del 2011, al trattamento che le autorità italiane hanno riservato ai giovani tunisini che avevano appena lottato per combattere una dittatura, allo spettacolo indecoroso dell’isola di Lampedusa trasformata in un’isola prigione, alla vergogna dei Cie-galleggianti attraccati per settimane al porto di Palermo, alla continuazione della pratica dei respingimenti in mare, così come alla complicità e all’indifferenza delle istituzioni dinanzi alle infinite morti nel Mediterraneo che, mai come quest’anno, è stato un cimitero marino.
Per questo, come collettivo di donne italiane e tunisine, abbiamo sentito l’esigenza di unirci alla richiesta di quelle famiglie e di darne risonanza in Italia con la campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano” sostenuta insieme a noi dalle numerose e dai numerosi firmatarie/i dell’appello.
In seguito alla pressione mediatica che le continue manifestazioni delle famiglie in Tunisia e le nostre iniziative in Italia hanno suscitato, una delegazione delle famiglie tunisine dei migranti dispersi è potuta venire in Italia, dove si trova da più di una settimana.
Qui, però, dopo una prima visita al Centro di identificazione ed espulsione di Trapani, in cui le famiglie hanno potuto vedere con i propri occhi le condizioni di detenzione, le autorità hanno negato loro l’accesso ad altre strutture detentive, mentre la questura di Agrigento continua a non rispondere alla richiesta di un possibile rilevamento delle impronte a partire dalle carte di identità dei loro figli.
Tutto ciò, nonostante una lettera del sottosegretario del ministero per le Migrazioni tunisino al governo italiano facesse presente come per la Tunisia la questione dei dispersi fosse diventata una priorità “perché dobbiamo stabilire che la loro vita conta quanto quella di tutti gli altri, che non possiamo essere una democrazia senza mettere a disposizione tutti i nostri mezzi per stabilirlo” e chiedesse alle autorità italiane di “fornire tutta la collaborazione necessaria per fare luce sulla sorte di questi cittadini tunisini scomparsi”.
A metà gennaio, come collettivo di donne, avevamo indirizzato una richiesta alla Ministra dell’interno italiana, così come al Ministro degli esteri. Non ci risulta, però, a tutt’oggi, una presa di posizione italiana ufficiale sulla vicenda, mentre le autorità competenti continuano a inviare liste di impronte digitali ai consolati dei cosiddetti “paesi terzi” in vista delle espulsioni.
E’ un silenzio che riteniamo intollerabile. Pensiamo, infatti, che quelle mamme e quelle famiglie abbiamo il diritto a una risposta immediata alla domanda che ormai da troppo tempo inoltrano alle loro istituzioni e alle istituzioni italiane: un confronto delle impronte digitali che permetta loro di sapere se i loro figli siano in vita. La invitiamo pertanto a incontrare le famiglie in occasione della sua prossima visita in Tunisia e a farsi garante con loro di una pronta risposta da parte del governo italiano.
Le Venticinqueundici
Associazione Pontes dei tunisini in Italia
Per sostenere la campagna della ricerca dei dispersi tunisini, il 14 gennaio, anniversario della Rivoluzione Tunisina, si terrà un presidio sotto la Prefettura di Milano in Corso Monforte 31 apartire delle ore 10.00.
Tutti i sostenitori di questa campagna contro il silenzio e l'indifferenza di fronte al dolore dei famigliari ma anche contro questa politica di immigrazione che mercifica gli esseri umani e porta a fare del mediterraneo un cimitero marino e l'Italia terra di detenzione di migliaia di giovani immigrati, sono invitati a raggiungerci sabato 14 gennaio a Milano.
Alcuni media che e hanno parlato:
PRESIDIO DAVANTI ALLA PREFETTURA DI MILANO (Corso Monforte)
“Immagini, tu?” chiede il testo di un appello delle famiglie dei migranti tunisini partiti subito dopo la rivoluzione verso l’Europa e che non hanno dato notizia del loro arrivo, “tuo fratello o tuo figlio parte e non dà più notizie di sé dopo la sua partenza. Non è arrivato? Non lo sai (…) potrebbe essere in una cella di isolamento, potrebbe essere stato arrestato come passeur, potrebbe essersi rivoltato nel centro di detenzione, potrebbe…. Potrebbe essere in Italia, ma forse a Malta, forse in Libia”.
Noi siamo un gruppo di donne italiane e tunisine che sabato 14 gennaio, anniversario della rivoluzione tunisina, ha deciso di organizzare un presidio davanti alla Prefettura di Milano (corso Monforte, ore 10) per sostenere l’appello dei familiari tunisini e ribadire che la parola libertà senza libertà di movimento è una parola vuota.
In quell’occasione consegneremo al Prefetto di Milano e al Console tunisino una lettera indirizzata ai Ministri degli esteri e degli interni italiani e tunisini in cui si chiede di rispondere alla domanda che i familiari di quei giovani dispersi rivolgono da troppo tempo alle istituzioni del loro paese e alle istituzioni italiane: uno scambio delle impronte digitali conservate nei database dei due paesi. Un incrocio dei dati, su richiesta dei genitori, per ritrasformare le impronte di quei giovani in vite, o, eventualmente, in morti, di cui fare il lutto e da aggiungere all’infinito elenco delle morti di migranti nel Mediterraneo che, volute dalle politiche di controllo delle migrazioni, hanno trasformato quel mare in un cimitero marino. Basterebbe questo semplice gesto, infatti, per rispettare il dolore dei familiari tunisini, dovendo riconoscere, almeno indirettamente e in parte, le vite di quei giovani e il loro desiderio di libertà. A tutte/i, e a tutte/i coloro che hanno sostenuto la campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano” in appoggio all’appello dei familiari, chiediamo di partecipare all’iniziativa.
Le 2511, Associazione Pontes dei Tunisini in Italia
Lettera ai ministri al link
Visionare il video del presidio al link
Dove sono alcuni dei giovani tunisini partiti verso l'Europa dopo la rivoluzione? Sono circa 1000 i dispersi. Rispettare i desideri di libertà e di movimento significa far contare le loro e le nostre vite.
Facciamo più rumore possibile per far tacere il silenzio del mare...
La campagna Da una sponda all'altra: vite che contano - Dove sono i nostri figli? supporta l'appello dei familiari dei tunisini dispersi. L'appello chiede che le impronte, che servono per schedare le persone e ostacolarne la libertà di movimento, vengano utilizzate in questo caso per sapere se e dove siano arrivati i loro figli partiti dalla Tunisia verso l’Italia nei primi mesi del 2011.
Il 10 gennaio si terrà a Milano una iniziativa pubblica presso il Teatro della Cooperativa (ore 20.30, via Privata Hermada, 8- MM gialla Maciachini, poi tram 4 e fermata Niguarda centro) dove si proietterà il documentario“I nostri anni migliori” di Matteo Calore e Stefano Collizzoli – Zalab. Seguiranno interventi di donne italiane e tunisine e un collegamento con Tunisi per aggiornamenti sulla campagna “Da una sponda all'altra: vite che contano”. Organizzano: Associazione Pontes dei Tunisini in Italia, gruppo femminista Le Venticinqueundici (Milano), Teatro della Cooperativa, gruppo Tunisia Libera di Tunisi e collettivo Tunisini di Parma, Zalab.
In occasione dell'anniversario della morte di Mohamed Bouazizi che ha dato inizio alla rivoluzione tunisina e in occasione della Giornata di azione globale contro il razzismo e per i diritti dei migranti, il gruppo leventicinqueunidici, i tunisini di Parma e l’associazione Pontes dei Tunisini in Italia, si ritrovano in una azione congiunta per supportare l’appello dei familiari dei migranti tunisini dispersi.
I giorni 17 e 18 dicembre 2011, contemporaneamente a Milano, Parma e Tunisi, verrà esposto lo striscione Da una sponda all'altra: vite che contano e (in arabo) Dove sono i nostri figli? per supportare questo appello dei familiari in cui si richiede che le impronte, che servono per schedare le persone e ostacolarne la libertà di movimento, vengano utilizzate in questo caso per sapere se e dove siano arrivati i loro figli partiti dalla Tunisia verso l’Italia nei primi mesi del 2011.
Gruppo leventicinqueundici
I tunisini di Parma
Associazione Pontes dei Tunisini in Italia
Immagini della manifestazione di Tunisi (18 dicembre 2011)
Altre fotografie sono presenti sulla nostra pagina facebook (associazione PONTES)
Accedi alla pagina riguardante le azioni in relazione con gli sbarchi dei giovani tunisini sulle coste europee
L'iniziativa "Chi ha raggiunto la sponda nord del mare?" nasce dall'idea che Rebah Kraiem, donna tunisina migrante in Italia, ha avuto per cercare di aiutare le madri e le famiglie dei giovani tunisini partiti negli ultimi mesi dalle sponde della Tunisia diretti verso l'Italia. Questa iniziativa che la nostra associazione appoggia si articola in varie fasi tra l'adesione all'azione "LASCIATECI ENTRARE" e la raccolta di informazioni sugli immigrati tunisini arrivati nel 2011 attualmente in detenzione nei CEI.
L'azione "Chi ha raggiunto la sponda nord del mare?" consiste semplicemente nel raccogliere il numero massimo di video e immagini che ritraggono i giovani tunisini arrivati sulle coste italiane negli ultimi mesi. Vogliamo mettere a disposizione delle famiglie il più gran numero di documenti visivi che permetterebbero di identificare i loro figli, vedere che sono lì, da qualche parte in Europa, ma che sono vivi.
La nostra azione non può essere per sua natura esaustiva e non potrebbe dare risposta a tutti ma se riusciamo insieme solo a ridare speranza a qualche madre avremmo raggiunto un grande obiettivo.
Ognuno di noi potrebbe partecipare a questa azione semplicemente fornendo un link a video o immagini che ritraggono giovani tunisini arrivati negli ultimi mesi. Ogni servizio (dei telegiornali), documentario, fotografia o altro materiale presente sul web portebbe essere condiviso in questa pagina e rispondere all'impaziente disperazione di centinaia di famiglie. Inviateci le vostre segnalazioni all'indirizzo pontes@live.it.
"Fine della censura. La neo ministra dell'Interno Maria Cancellieri ha riaperto alla stampa le porte dei centri di identificazione e espulsione (Cie). Finisce così l'era della censura. Durata più di otto mesi, da quando lo scorso primo aprile, l'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni instaurò il divieto di ingresso della stampa nei Cie, con la famosa circolare 1305. Contro la censura si sono schierati in questi mesi un gruppo di giornalisti a partire da un primo appello lanciato a maggio da Fortress Europe. Il gruppo nel tempo è andato crescendo, grazie al decisivo e convinto sostegno del sindacato e dell'ordine dei giornalisti, e di un gruppo di parlamentari e associazioni che lo scorso 25 luglio hanno dato vita alla campagna lasciateCIEntrare, davanti ai Cie di mezza Italia. I colleghi Raffaella Cosentino e Stefano Liberti, sostenuti dall'Unione Forense per i diritti umani e da Open Society, avevano pure presentato ricorso contro il divieto di ingresso. Ma il ministero dell'Interno ha fatto marcia indietro prima che ci pensassero i giudici."
Come è purtroppo noto, le porte dei CIE (Centri di Identificazione) e dei CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo), sono da tempo sbarrate per l'informazione, sono luoghi interdetti alla società civile e in cui soltanto alcune organizzazioni umanitarie, arbitrariamente scelte, riescono ad entrare. Una circolare del Ministro dell'interno, la n. 1305 del 1° aprile scorso, ha reso ancora più inaccessibili tali luoghi, fino a data da destinarsi, in nome dell'"emergenza nordafricana". Giornalisti, sindacati, esponenti dell'associazionismo antirazzista umanitario nazionale e internazionale, presenti nel territorio in cui sono ubicati, sono considerati, secondo la circolare, "un intralcio" all'operato degli enti gestori e per questo tenuti fuori.
Violato il diritto-dovere di informare. Questo si traduce, di fatto, in una sospensione del diritto-dovere di informazione che si va ad aggiungere alle tante violazioni già riscontrate in questi centri. Non potendo entrare diviene legittimo pensare che in essi si determinino condizioni di vita inaccettabili e ripetute violazione dei diritti. Le poche fonti reperibili di notizie diventano i video registrati da cellulari, dagli immigrati trattenuti nei centri, le lettere che riescono a partire dall'interno, le telefonate e le testimonianze rese da chi esce o fugge, e quanto arriva non è certo dimostrazione di trattamento rispettoso dei diritti umani.
Semi-detenuti senza reato. Il prolungamento votato nei giorni scorsi dal parlamento, che consente di trattenere le persone non identificate nei Cie fino a 18 mesi, aumenta il disagio e la sofferenza in cui si ritrovano persone che non hanno commesso alcun reato. Gravi lacune si registrano poi nell'esercizio del diritto alla difesa. A tale scopo chi opera nell'informazione ritiene fondamentale avere modo di poter far conoscere alla pubblica opinione quanto in questi luoghi avviene, le ragioni dei continui tentativi di fuga e rivolta, dell'aumento dei casi di autolesionismo che spesso sfociano nel tentativo di suicidio. L'informazione deve poterne parlare, la società ha il diritto di sapere. Così come migranti e i cittadini stranieri hanno il diritto di essere informati ed assistiti dai legali, dalle associazioni e dai sindacati.
Il Comitato promotore. FNSI, Ordine dei Giornalisti, Art. 21, ASGI, Primo Marzo, OpenSociety Foundation, European Alternatives e i Parlamentari Jean Leonard Touadi, Rosa Villecco Calipari, Savino Pezzotta, Livia Turco, Fabio Granata, Giuseppe Giulietti, Furio Colombo, Francesco Pardi.
Informazioni. Chiunque voglia partecipare o richiedere ulteriori informazioni può mettersi in contatto con: Gabriella Guido - Rete PRIMO MARZO: ggabrielle65@yahoo. it; oppure Renzo Santelli - FNSI: renzo.santelli@fnsi.it